lunedì 14 luglio 2014

il percorso di fisioterapia iniziato due anni e qualche mese fa è variato nel tempo. gli esercizi che facevo all'inizio non sono gli stessi che faccio ora. ho riacquistato movimenti che mi erano ormai preclusi. la postura è variata e varierà ancora. e di conseguenza anche il carico di lavoro è aumentato progressivamente, aumentando il livello di fatica, di stress, e di rottura di coglioni che mi porterà ad una morte prematura. il primo caso di morte in conseguenza ad orchite cronica. è che vorrei distinguermi anche in questo.

comunque, dicevo: è variato nel tempo il lavoro. e quindi, di volta in volta mi sono dotato di attrezzi e macchinari votati allo scopo. l'ultimo acquisto è stato quello di una panca per esercizi specifici delle gambe, quale il leg-extension e il leg-curl. il video di presentazione dell'attrezzo su iùtub rasenta il porno. in pratica l'attenzione è deviata sul culo della modella e il macchinario è il contorno non necessario, che serve però ad immaginare che lì, in effetti, una briscola gliela daresti.

me lo faccio spedire a casa dalla romagna. naturalmente, il buono sconto allegato, finisce nella casella dello spam, e quindi pago per intero. non che quei conque euro di sconto mi abbiano tolto il pane dai denti, ma per una volta che qualcuno pensa a te...

il macchinario mi è stato consegnato smontato. il sito diceva: "serve solo un quarto d'ora per rimontare la panca". daje, solo un quarto d'ora. il libretto di istruzioni è addirittura in Italiano. di solito ci sono ventisei lingue, tra cui un dialetto finlandese, ma non l'Italiano. però sono stringate. c'è l'immagine della panca smontata con i pezzi numerati, è una descrizione di dieci righe contate su come compiere il lavoro. prendi il pezzo 1, lo infili nell'orifizio 3. prendi il bullone, dai una stretta al pezzo 2 che va al buco 4, e dopo un quarto d'ora di gangbang meccanico: et voilà. solo che ad un certo punto trovo un pezzo che proprio non mi ritorna. "Adè questo do' cazzo l' metto?". guardo il disegno, vado in internet, ma proprio qualcosa non torna. mezz'ora, tre quarti. infilo, sfilo, provo, riprovo: "Ma vaffanculo...". alla fine comprendo l'arcano. in allegato c'era anche un altro accessorio per l'utilizzo di un bilanciere. naturalmente sul sito nessuna menzione. senso pratico del sottoscritto: zero. 

si prospetta un futuro per soli ingegneri. tempi duri.

lunedì 30 giugno 2014

mi sono comportato per lungo tempo, per anni, come se nulla fosse successo. come se nulla apparisse. d'altra parte, qualcuno davvero non se ne accorgeva. erano situazioni particolari, ovvio. se si è seduti ad un tavolo con una birra, nulla trapela. se si fanno piccoli spostamenti e hai l'abitudine di partire per ultimo, nessuno ti guarda.

ho continuato con la mia vita come se nulla fosse. rapporti umani, sentimentali. concerti. ogni volta che mi prendeva voglia, prendevo l'auto e partivo. chilometri in solitaria. una andata e ritorno per vedere i Blue Oyster Cult a Trezzo, quasi 900 chilometri e la consapevolezza di aver fatto una delle più belle follie della mia esistenza.

d'altra parte, da quando tutto questo è iniziato, sono sempre stato circondato di persone. ho sempre avuto la sicurezza del guscio. la sensazione di protezione. non mi sono mai visto diverso e come tale mi comportavo. sempre socievole, disponibile, attivo.

ma nel frattempo, qualcuno/a chiedeva di me, anche con apprensione. c'è chi (ho saputo dopo) metteva in giro voci improbabili, pronosticandomi cadavere in breve tempo (sto qua ancora, stronzi). apprensione che però rimaneva privata, mentre io continuavo a vivere nel mio comparto, isolato dalla realtà. una forma di negazione, la paura di affrontare la realtà? d'altra parte, arrancando, ma ho vissuto bene comunque. facevo tante cose, più di tante persone che avevo intorno senza problemi. il lentissimo declino non mi ha portato mai ad affrontare il tutto di petto. il mantra dei neurologi che dicevano "non c'è nulla da fare" mi aveva instillato inconsciamente l'idea che dovevo vivere finchè ce n'era, fare le cose finchè ero in tempo. poi si vedrà, pensavo.

è stato un errore. ma di sicuro, non dei peggiori. perchè a ben pensarci, è proprio in momenti di estrema difficoltà che bisognerebbe avere quella punta di incoscienza per aiutarsi a trarsi d'impaccio. e io ce l'avevo. cazzo se ce l'avevo. invece ora, con la presa di coscienza (e la concomitante azione terapeutica), anche i dubbi, le paure e le ansie, hanno trovato alloggio nella mia mente. ed è un posto in cui proprio non dovrebbero essere ora. l'azione di ricostruzione di una identità, di rinnovamento di una esistenza, passa anche per la lotta a queste paure. ma non è per nulla semplice affrontarle. vorresti chiedere un consiglio, ma è evidente che le persone intorno a te non hanno nemmeno la percezione di questa tua insicurezza. è come un bambino che ha paura di addormentarsi per l'arrivo di chi sa quali mostri. anche il bambino sa che quei mostri non esistono, perchè con la luce non li ha mai visti. ma lui ha paura lo stesso. vallo a spiegare all'inconscio. e nonostante questo, tutti ad elogiarti per la costanza, la determinatezza con cui affronti i problemi, per il fatto che da tanto tempo non ti lamenti.

la realtà è che non si nasce imparati, come si dice. e che nessuno sa come affrontare certe cose. e nonostante l'urgente necessità di imparare a convivere coi problemi, nessuno ha voglia di mettersi al riparo prima, nessuno ha voglia di pensare che tutto può succedere, in qualsiasi momento. e io onestamente, non posso dare torto a questa visione.

mercoledì 4 giugno 2014

un matrimonio

un matrimonio. un fottuto matrimonio.

una cerimonia dedicata ad una persona che consideravi un'amicizia preziosa, che ad un certo punto, senza comprenderne bene i motivi, si è allontanata lasciandoti in quel caos mentale che è ormai all'ordine del giorno.

però la partecipazione arriva e devi prendere una decisione. vado? non vado? è giusto andare? alla fine pensi che almeno ti farai una serata con amici che non vedi da tempo, un gruppo di persone a dir poco strabilianti che per un periodo della tua vita sono stati un faro, che però, per svariati motivi sono usciti lentamente dal tuo perimetro. chi per un nuovo amore, chi per un nuovo lavoro.

ho deciso. vado.

però sai bene cosa è successo dentro di te in questi ultimi due anni in particolare. c'è stato un subbuglio, una tormenta che è tutt'altro che terminata. i cocci sono ancora lì che volano trasportati da un ciclone, e sai che finchè non cesserà la tempesta e questi frammenti non si saranno posati a terra, tu non potrai rimetterli insieme. e io, con questa caciara nelle budella, come mi approccerò a loro?

ci penserò quando sarò lì.

però il nervosismo sale. e io, quando sono profondamente nervoso, so che sentirò i quadricipiti contrarsi, peggiorando considerevolmente la mia condizione. ma sarebbe ridicolo non affrontarla. non sono più un bambino. arrivo al piccolo paesino di montagna. parcheggi neanche a parlarne. vedo un amico che se ne inventa uno salendo su un marciapiede. lo seguo e lo imito. suono il clacson per richiamare la sua attenzione. potrei andare da solo, lontano da occhi indiscreti, ma preferisco gettarmi. "Vieni a prendere sto disabile!". faccio i complimenti alla sua fidanzata e ci dirigiamo verso la chiesa, costeggiando un panorama invidiabile. uno ad uno spuntano tutti, e li saluto, sinceramente felice di vederli.

finita la cerimonia ci dirigiamo verso l'Umbria per la cena. ad aprire, il classico buffet, pratica che io ovviamente non amo per ragioni pratiche. mi chiedono se devono portarmi un piatto e io accetto. sono come sono, è tanto che non ci vediamo, d'accordo, ma io non ho voglia di nascondere la testa nella sabbia. le conversazioni si animano. i brindisi si moltiplicano. si avvicina un'amica che ti chiede come stai, e dopo un breve preambolo le dici che "Oh, mi siete mancati,cazzo". "Anche tu ci sei mancato. e pure noi siamo stati distanti". e cominci a dubitare di te stesso, pensando che forse la solitudine e la chiusura nella quale ti sei relegato non dipende davvero solo dalle incomprensioni delle persone che hai intorno, ma da quelle che tormentano il tuo animo. a più riprese durante la serata si avvicina un'altra ragazza, e ti abbraccia di continuo, e scopri che ti mancava da morire un semplice gesto d'affetto. ti accorgi che ti eri indurito all'inverosimile, perchè la paura di star male, di provare un senso di abbandono, sarebbe stata una ferita mortale. e via con altri dubbi, con la domanda "Ma io starò facendo il giusto percorso?"

prima di partire il saluto alla sposa. che ti abbraccia talmente forte da stritolarti. che ti dice:"io non dimentico le persone solo perchè passano mesi, magari anche anni senza vederci. ti voglio un casino di bene".

sono tornato a casa frastornato, confuso. per l'ennesima volta le certezze che mi ero cementato nella mente riguardo le persone, sono cadute come un castello di sabbia. ero convinto di aver intrapreso la strada giusta, da percorrere da solo, con le mie forze, reggendone il peso. ne ho ignorato le diramazioni, ed ora non sono per nulla convinto di aver fatto bene. ho visto solo il peggio delle persone, rimanendo insensibile a quanto di buono c'è. non esiste un manuale per affrontare certe situazioni. non si impara mai.

per una volta però, che bello.

giovedì 8 maggio 2014

B12 per poveri.

si diceva: tutto ok, "lei non deve fare nulla", e via col mio ultimo anno di sport. nel quale, giorno dopo giorno era ovvia la decadenza fisica. a campionato ormai finito la mia ultima partita, nemmeno nel mio ruolo solito che ormai era diventato insostenibile a livello fisico.

bene. cioè, no. male. e da qualche parte dovrò pur operare. la prima cosa ovvia è ascoltare qualche altra campana. così riesco a prenotare una visita da un neurologo dell'università di Perugia che di domenica mattina riceve anche dalle mie parti. mi fa accomodare nella sua stanza e l'esordio non è proprio dei migliori: "Avevo capito fosse lei da come camminava!". andiamo bene...secondo te perchè prenoto una visita? comunque, gisutificando il fatto che anche un professionista possa essere annebbiato la domenica mattina, iniziamo l'iter diagnostico, ovvero: una descrizione di sintomi, storia clinica ed evoluzione, un consulto alle carte ospedaliere (che bisogna ricordare, nella dicitura "diagnosi" è tutt'ora senza indicazione alcuna), e poi i vari esami neurologici, che saranno una costante ad ogni visita o controllo, e che come detto in precedenza, servono solo a verificare che qualcosa non va, ma non certo a chiarire il problema nè a proporne una cura.

alla fine l'esperta e dotta risoluzione: "benissimo. nel suo caso è scongiurata l'ipotesi di un tumore (ma perchè, quando era stata formulata st'ipotesi?). non è possibile definire la causa scatenante di tutto questo. potrebbe essere stata qualsiasi cosa, anche la rottura di un angiona interno (boh?), una cosa congenita. la cosa che però mi risulta evidente è che lei potrà continuare con una vita quasi normale. certo, non correrà, si stancherà prima, ma se vuole andare in bicicletta per esempio, ne potrà fare quanta ne vuole senza controindicazione. insomma, può fare tutto ma con le accortezze del caso (cioè, come a dire, "puoi fare TUTTO, tranne quello che NON puoi fare"). non ci sono medicinali per il suo caso, ma le consiglio questo integratore di vitamina B12 indicata per chi ha problemi neurologici (integratore che in una visita da un altro dottore mi fu presentato come un "modo per arricchire case farmaceutiche e dottori compiacenti", olè)"

in definitiva. puoi fare tutto, ma non puoi fare più di tanto. e la confusione regna sovrana. naturalmente ho avuto modo di confondermi di più anche in seguito...

mercoledì 16 aprile 2014

effetti collaterali

uno degli effetti collaterali che non avevo preso in considerazione quando ho iniziato il mio regime di fisioterapie due anni fa, era forse quello più scontato, e cioè l'accumulo di stress ed adrenalina. quello che però non era scontato, era il quantitativo di stress che mi sarei trovato a fronteggiare.

alcuni muscoli del mio corpo, tipo i bicipiti femorali e la parte posteriore in genere, rispondono in maniera differente di altri. sono quelli che mettono più a dura prova la mia resistenza e la mia capacità di non nominare Vostro Signore in maniera inadeguata. prova che non viene superata spesso in realtà. la quasi quotidianità degli esercizi provoca però un accumularsi di tensioni, dolori e madonne varie difficili da smaltire. in pratica l'energia accumulata è decisamente maggiore di quella smaltita nelle varie attività ludiche, rilassanti, sessuali ecc.

riuscire a far andare d'accordo questo sforzo con la vita quotidiana non è cosa semplice. ad un certo punto ci si accorge che una parola fuori posto, o un ostacolo che fino a poco tempo prima avrebbe fatto appena sbuffare, ora rappresentano una scusa come un'altra per ricordare a quello lassù che il suo senso dell'umorismo è al livello del peggior comico di Colorado.

è stato necessario quindi imparare a gestire tutta questa tensione. la prima cosa logica è stata quella di evitare il contatto con situazioni e persone che avrebbero potuto facilmente alimentare questa fiamma tossica. tra l'altro vedo ora con occhi diversi, e forse in maniera più limpida, quanto odio gratuito la gente sputa sugli altri per liberarsi dalla frustrazione di una vita mediocre. d'altra parte, alla faccia dei social network, viviamo nel periodo dell'incomunicabilità. così, dicevamo, ti togli di torno questi esseri la cui funzione sociale è quella di simulare la classica molletta appesa al sottocoppa. ai coglioni, per essere più diretti. ma vedi che questo non basta.

allora inizi ad epurare anche soggetti dei social network. prima di tutto ho tolto la gente che postava continuamente cani, gatti e foto di qualsiasi cucciolo. poi coloro i quali postavano le foto di Papi, Cardinali e qualsiasi strumento di sottomissione religiosa di massa. poi ho tolto i grillini insistenti, soprattutto quelli che prima votavano silvio. e i nostalgici del ventennio naturalmente. poi ho tolto i cospiratori delle scie chimiche e i dispensatori di tutti i link di pseudoscienza, ai quali posso assicurare che NO, non sono guarito semplicemente bevendo più acqua di fonte. e poi tutti quelli che non mancano mai di farti vedere quanto è bella e piena di soddisfazione la loro vita, riempiendoti di foto della loro vita sociale, dei loro viaggi e di qualunque evento della loro vita. l'ostentazione pure insomma.

eppure non è bastato. ho passato l'ultimo natale con un quantitativo di veleno in corpo tale che un crotalo si sarebbe tenuto alla larga per paura che potessi ucciderlo con un morso. ho evitato tutti coloro i quali la notte della vigilia si prendono quell'unico giorno libero per ricordarti che in quel periodo la gioia è ovunque e che tu devi partecipare, prima di riscomparire nell'oblio fino a pasqua. e io no, non ero nè gioioso nè buono. ero incazzato come una marmotta che si sveglia fuori stagione, ero stanchissimo, stressato, e consapevole che nessuno di questi "buoni per un giorno" avrebbe avuto voglia di esserlo con me.

ho imparato a gestire meglio questa tensione (meglio, non bene). mi ero accorto che la rabbia non saliva con tutti, ma solo con alcuni soggetti. e allora mi sono chiesto il perchè. mi sono accorto che non era l'andare contro le mie idee a farmi arrabbiare, ma la superficialità di certi atteggiamenti. ho visto anzi, che il rapporto costruttivo, umano, con tante persone era piacevole, ed ho iniziato così ad indirizzare tutte le mie energie verso quella parte di umanità che ho ritenuto meritevole di condividere il mio mondo. sono diventato però, decisamente meno accomodante e accondiscendente. abbastanza impaziente. tengo a stento a freno la lingua. non è che mi riconosca tanto. ho dovuto rivedere il fatto che anche nei confronti della ragazza più disposta nei tuoi confronti, il "allora, trombiamo?" è una espressione che meriterebbe di essere ornata di qualche ghirigoro, perchè insomma, va bene essere diretti, ma su certe cose bisogna comunque presentare una confezione regalo decente. e così via.

perchè questa lunga e forse inutile manfrina? perchè sto sperimentando a mie spese che anche la persona più buona (o cogliona, a seconda dei punti di vista) del mondo, può attraversare dei momenti difficili, che tolgono il sorriso e mutano l'aspetto. abbiate quindi la pazienza di valutare se suddetta persona è effettivamente parte della categoria degli stronzi o se di tale stronzaggine ne è stato solo temporaneamente (si spera) investito. non giudicate subito negativamente una persona che non sorride il mattino. chiedetegli piuttosto se ha passato una buona nottata. solo dopo, in caso, mandatelo in culo.

lunedì 31 marzo 2014

primo passo post ospedaliero

la girandola dei consulti post ospedalieri. quando esci e non hai una diagnosi, cerchi comunque di venire a capo del rebus che hai di fronte.

il primo consulto, in realtà, fu la visita di controllo effettuata alcuni mesi dopo con tanto di risonanza magnetica. attesi i risultati un sabato mattina in una specie di corridoio iperaffolato. dopo una lunga permanenza sulla sedia di plsatica più scomoda del mondo, fui ricevuto da tre medici. consultarono a lungo le scartoffie del mio ricovero. confrontarono il tutto con i nuovi risultati e mi dissero che l'infiammazione era totalmente regredita. sebbene avessi assunto una massiccia dose di cortisonici, il risultato non era per nulla scontato. così come non era scontata la rapidità con cui ciò avvenne. mi indicarono quali controlli sarebbe stato corretto effettuare di lì ad un anno. feci notare loro che provavo un profondo fastidio alle cosce, ai muscoli quadricipiti. li sentivo tirare, mi davano l'impressione di essersi trasformati in una sorta di zavorra. mi liquidarono brevemente dicendo che quella sensazione non era altro che la "ferita" che il cortisone aveva lasciato sul mio corpo. penso che non fosse quello. sto sperimentano ora con la fisioterapia un forte dolore nel tentativo di recupero della parte posteriore della gamba, i cui muscoli vengono definiti per l'appunto posturali (io li definirei semplicemente "stronzi", ma non vorrei sminuire troppo la nomenclatura medico-scientifica che tanto impegno ha profuso nell'inventarsi nomi che fossero pronunciabili rapidamente solo da una ristretta cerchia dell'umanità). se i muscoli del bicipite femorale sono sbilanciati in forza, massa ed elongazione, sono per l'appunto cazzi. e dolorosi. probabilmente quel dolore, quella strana sensazione, era un inizio di sbilanciamento del rapporto tra le due leve (certo che quello lassù inventando il corpo umano si è fregiato di un'opera di ingegneria notevole. ma che come tutte le cose notevoli presenta dei "bug" non da poco).

poi la domanda fatidica: "Ma oltre ai controlli periodici cosa devo fare?"
"Nulla."
"Come nulla? niente medicine, niente fiosioterapie? nulla di nulla?"
"Nulla" replica piuttosto piccata, un po' come a dire: "Non t'era chiaro il significato di quell'unica parola?".

Nulla un cazzo, posso dire oggi con cognizione di causa.

mercoledì 19 marzo 2014

incivile.

stai leggendo delle notizie che riguardano la tua regione. all'improvviso ti imbatti in questo simpatico passaggio:

A far scoppiare il risentimento delle persone con disabilità, le dichiarazioni di Sgarbi sull'ipotesi di installare scale mobili o ascensori nella città: "Mi fa schifo solo la parola. Una città civile non ha né ascensori né scale mobili. Solo quelle abitate da nani, zoppi e handicappati hanno le scale mobili. Se le devono mettere nel culo".

bene. non è che Sgarbi dovesse per forza fare questa dichiarazione per posizionarsi sulla punta del mio cazzo. di sicuro a lui non importa, ma due parole ce le spreco volentieri.
devo dire che con la mia condizione ne ho viste di tutti i colori. la sfiducia che ripongo nel genere umano passa anche per quelle espressioni facciali di disgusto, passa per tutte quelle persone che ti trattano come un appestato o peggio, come un ritardato. però, essere considerato come la causa dell'inciviltà di una città, era un qualcosa che nessuno aveva avallato.

nella mia regione ci sono una miriade di paesini con mura medioevali. non tutti sono facilmente accessibili perchè situati in montagna e quindi anche all'interno delle mura sono presenti dei saliscendi tali da far desistere anche persone ben allenate. purtroppo ho dovuto rinunciare a visitarne diversi (anche se dopo due anni di fisioterapia sto ricominciando ad affrontare gli ostacoli). è un peccato, ma molti di questi piccoli paesi sono in comuni poco abitati e quindi con risorse economiche esigue, tali da non poter rendere accessibile l'ingresso a tutti. inoltre, sono stati costruiti in periodi in cui si andava in giro con un carro trainato da buoi, per cui, chi non poteva uscire rimaneva segregato in casa e chi poteva saliva cavalcioni sul carro e si lasciava portare. la città della quale parla Sgrabi però, non è un piccolo comune. è Urbino. capoluogo di provincia. città universitaria. candidata anche a città europea della cultura. evidentemente però, per Sgarbi la fruibilità della cultura, dei libri, del paesaggio è solo per coloro i quali possono vantarsi di mostrare un livello di indiscutibile avvenenza. evidentemente i sessanta libri all'anno che leggo io hanno molto meno valore dei due-tre libri della modella che partecipa a Miss Italia e che guarda caso è iscritta a Scienze della Comunicazione. forse Sgarbi non sa che tra le varie capacità di un architetto, c'è anche quella di progettare ausili per persone con difficoltà, riuscendo a rispettare i vincoli paesaggistici. ma soprattutto, lo stronzo sgarbi non sa che nessuno gli ha assicurato che in un futuro un aiuto possa servire anche a lui.

cosa ne sai di civiltà? cos'è per te la civiltà? presentarsi ad una mostra del Signorelli e poi chiudersi con quattro leccaculi a telefonare alla scopamica marchigiana irridendola e vantandosi di quanto la tratti male? o è frasi fotografare (e lei raccontava altro) con una allora minorenne signorina che scalerà l'olimpo berlusconiano fino a prendersi quel cazzo di posto da ritardata al Tg4? (esempi fatti a caso, stronzo). è questa la tua idea di civiltà?

non sono il compagno ideale, nè quello da presentare a genitori e amici senza un filo di vergogna. non sono la persona con la quale si può andare in giro perchè rallenterei l'andatura e bla bla bla. adesso, sono pure un incivile. probabilmente avrai una lunga vita e piena di successi (agli stronzi capita spesso), però ci penserei due volte prima di dare per scontato che tutto andrà bene...

giovedì 13 marzo 2014

primi tempi di vita nuova

ho giocato a pallavolo per quattordici anni. più o meno. un qualcosa che mi teneva occupato per circa tre sere a settimana più l'eventuale partita al sabato. all'improvviso mi ritrovai senza questo appuntamento. e le serate erano vuote. tanto vuote. ricominciai ad uscire al bar, per una birra, per stare con gli altri, ma i rapporti non sono mai stati idilliaci. i miei amici erano anche compagni di squadra. gli altri, quelli più stretti, non erano di quella cerchia, erano più lontani.

a ripensarci oggi non riesco a ricordare bene come mi sentivo in quel periodo. è passato davvero troppo tempo. di certo mi ricordo che mai, neanche per una volta ho pensato al peggio. che potessi finire in sedia a rotelle o chissà... ancora mi ronzava in testa questa cosa che "no, le cose non vanno benissimo ma a me, no, il peggio non succederà". beata incoscienza. eppure ero senza diagnosi, quindi, congetture non era il caso di farlo. ricordo però che, soprattutto all'inizio, quando il mio problema non era troppo evidente, ho avuto più di una volta discussioni perchè la gente si spazientiva quando in alcune occasioni mi faceva notare quanto fossi "impacciato", o lento. non è che potevo mettermi lì a disquisire sul mio mondo, così lasciavo passare. anche con fastidio. anche quando, all'ingresso di una pizzeria fu un mio amico, che ben sapeva cosa mi stesse succedendo, che affermò con acidità: "sai qual è il tuo prblema? sei lento? il mondo corre più di te, non c'è spazio per quelli come te". iniziai a comprendere (anzi no, me ne sarei reso conto per bene in un secondo momento) che il rapporto con le persone sarebbe cambiato parecchio. che l'aurea bontà degli uomini è una cazzata di dimensioni immani.

così, traccheggiai con tutto me stesso, nella confusione più totale, con un mondo di domande irrisolte nella mia testa: "e ora? cosa faccio?" , "capiranno questi che non posso...?". e in più i laceranti quesiti senza risposta: "e cosa mi succederà?" , "cosa farò se...?". che quando non sai, nè puoi immaginare il futuro, mettere un "se" nella tua domanda contribuisce solo ad annebbiare le idee.

lunedì 24 febbraio 2014

e alla fine.

passata l'estate, il ciclo della vita continua, e così si ripresenta un'altra stagione pallavolistica. per un qualche motico che ora proprio non comprendo e non ricordo, mi ripresento anche io ai nastri di partenza.

già durante la parte finale dell'estate, le cose erano cambiate. le lunghe corse all'aperto si erano trasformate in camminate, anche piuttosto brevi, considerando che in un paio di occasioni sono tornato a casa con le piante dei piedi decisamente doloranti.

però, io c'ero lo stesso. ma perchè? proprio non riesco a capacitarmene ora. era una forma di non accettazione della realtà? una sorta di aggrapparsi alle ultime speranze, sperando che in qualche modo la costanza mi avrebbe alla fine premiato? non lo so. è passato troppo tempo e la mia mente è stata rivoltata come un calzino. non sono del tutto in grado di raccontare cosa mi passasse per la mente, se non grazie a qualche ricordo.

comunque non durò a lungo l'agonia. già ai primi giri di riscaldamento la situazione fu chiara. non ero più nemmeno in grado di completare un giro di palestra di corsa. così intervallavo. ma saltare era anche peggio. il pallone era lassù, in alto, irraggiungibile. non ero più io a guardarlo dall'alto in basso per poi riversargli addosso tutta la violenza del braccio. ora era lui che mi guardava dall'alto, in attesa di andarsene svogliatamente a terra dopo una mezza carezza. avevo come l'impressione di trascinare un sacco di pietre.

una sera, quando stavo tornando a casa con un mio compagno di squadra, ed anche uno dei miei migliori amici, tenevo la testa bassa. stavo prendendo fiato, nel tentativo di pronunciare quelle parole che sapevo avrebbero chiuso una intera esistenza e mi avrebbe spintonato nella sala di aspetto di una vita indesiderata, inaspettata, che nessuno aveva reclamato. ma l'agonia dell'attesa era un qualcosa di altrettanto disgustoso, asfissiante. gli dissi così che quello sarebbe stato il mio ultimo allenamento, perchè non aveva senso prendersi in giro così. lui provò a dire di ripensarci, che forse m'avrebbe fatto bene quell'attività fisica. però io avevo già la proiezione di me stesso lontano da quello che erano loro: ragazzi con una prestanza fisica che ormai mi era preclusa. si era già impossessato di me quel senso di alienazione che con prepotenza ora mi possiede e mi domina.

non ricordo che giorno fosse. so che non ebbi il coraggio di guardarmi una partita di pallavolo in tv per anni, e non entrai più in una palestra per vedere i miei amici giocare per un tempo altrettanto lungo. e quando trovai il coraggio, entrando, iniziai a guardarmi intorno come un ladro, come se quelle mura che mi avevano dato tanta gioia ora mi sopportassero a malapena. i miei compagni di squadra continuarono a tesserarmi per diversi anni. nonostante tutto. chissà, forse anche loro speravano in un miracolo, in un finale differente, nella possibilità di rivedermi in pantaloncini a picchiare come un ossesso. questo gesto è stato, ad oggi, una delle cose più belle che la vita mi ha riservato, la dimostrazione di aver lasciato un bel segno. ora le strade si sono divise. alcuni hanno messo su famiglia, altri hanno cambiato zona e vita. forse sarebbe stato inevitabile, però quanto la gente dia per scontata la libertà di scelta, come tutte le cose, diventa evidente solo quando non puoi più scegliere. c'est la vie. (e sticazzi).

martedì 11 febbraio 2014

e ora...

facciamo un piccolo salto in avanti nel tempo. ad oggi, in particolare. anche perchè mi rendo conto che leggere la mia vicenda, passo dopo passo, possa quantomeno far presagire un finale più che infausto. intanto scrivo, quindi sono vivo. e no, non c'è nessun finale infausto, nonostante non ce ne sia nemmeno uno lieto.

però, come sto?

al di là del lato fisico che è sul piatto destro della bilancia, c'è quello mentale, che sta all'altro lato, e tante volte è stato così pesante da sfondare il ripiano sul quale si fiondava quando il peso di tutto ciò era diventato insostenibile.

ora però è diverso. ora, potrei quasi azzardarmi ad affermare che le cose non vanno affatto male. ora riprendo fiato e mi lascio le palle dopo una doverosa strizzata scaramatica.

però io so quanto profondo divenne il baratro nel quale ero piombato. quanto erano spesse quelle pareti che soffocavano ogni suono, ogni richiesta di aiuto che cercavo di spingere all'esterno. ed ora questo baratro lo gardo dall'alto. vedo questo buco nero e lo vedo da lontano, e oh, questa, è una cosa fantastica.

però, questo percorso non è stato un semplice risalire dal fondo. è stato più un costruire un altro passaggio e poi risalire per questo cunicolo scosceso, cercando appigli che di volta in volta dovevo costruirmi. e quando arrivi in cima, la fatica che hai fatto per affrontare questo percorso ti è entrata nelle ossa. sei stato permeato da un peso nuovo, e alla fine sei anche diverso.

riesco di nuovo a stare con gli altri e a sparare cazzate, ma non sono più quello che fa il primo passo verso gli altri. il mio animo da "buono e coglione" è sempre lì, dipinto sul volto, ma tollero solo una ristretta parte di umanità, e la mia diplomazia se ne è andata. mi infervoro con poco, e devo spesso evitare situazioni che potrebbero portare ad un conflitto. non ho più la minima pazienza. ho avuto una illuminazione di me stesso guardando "La grande bellezza" quando il protagonista afferma che "a 65 anni non si ha più voglia di perdere tempo in cose che non si ha voglia di fare" (o qualcosa del genere), e io mi sono reso conto che non ne ho più voglia a 36 anni.

insomma, passi parecchio tempo a cercare di far collimare le tue esigenze con le esistenze altrui, perchè qualcuno/a ti ha detto che se ci provi tutto andrà bene e gli altri ti accoglieranno a braccia aperte. poi ti rendi conto che è una cazzata di dimensioni immense, che la gente quando sente puzza di un qualsiasi problema (con le dovute eccezioni) fugge. e così ti rendi conto che la tua vita è diversa. punto. che hai altre esigenze, che puoi provare a farle entrare nella testaccia altrui, ma che se questi non vogliono adattarsi, è inutile insistere più di tanto. perchè non puoi forzare la gente a fare cose che non vuole. e allora? allora hai sempre la sensazione di non potertela giocare alla pari. ma non perchè tu sia effettivamente inferiore, ma solo perchè coloro i quali conducono una vita "normale" sono la maggioranza e il confronto è schiacciante. però ad un certo punto cerchi anche di allontanare quel senso di colpa che ti opprime (sì, senso di colpa, è una cosa comune fidatevi), perchè in realtà colpe non ne hai. e se riappropiarti della tua esistenza significa anche allontanarsi dagli altri, acquisire una indipendenza che non preveda la presenza di altre persone, lo fai e basta. 

insomma, lo stress di certe situazioni a volte è schiacciante, occupa tutto il tuo spazio vitale e non ne lascia libero che qualche anfratto, che tu regali a quelle persone così sensibili da capire certe situazioni.

ed ho il sospetto che sia tutto ancora molto "work in progress".

martedì 4 febbraio 2014

sole,mare e...

al termine del campionato che ci vide brillantemente in testa alla classifica, continuammo gli allenamenti che come tutti gli anni in quel periodo, perdevano ovviamente di intensità e di mordente. nel frattempo stavamo progettando una estate in Sardegna. la squadra si spostava fuori dal continente. dopo quella bella stagione, questo viaggio era quanto di meglio si potesse chiedere. sole, mare, amici, lo spirito del gruppo trasportato anche verso il dolce far nulla.

non racconto qui alcuni degli episodi capitati in quell'occasione, anche se uno, per attinenza all'argomento principale di questo blog, merita attenzione. io ero ancora nella fase di non accettazione (o qualcosa di simile). seppur non al 100% portavo avanti la mia vacanza come nulla fosse. ma quand'è che il "come se nulla fosse" diventa "qualcosa è?". ovviamente quando c'è di mezzo la gnocca. in questo frangente due ragazze napoletane conosciute in spiaggia. io e un mio amico ci fiondammo nell'approccio. battutine, serate in riva al mare in quel di Palau, per poi separarci nei momenti topici. a te la mora, a me la bionda e tutta gioia. poi però di giorno c'era da portare avanti l'azione diplomatica, affinchè la sera si ricevessero i benefici del caso senza troppi preliminari. l'azione diplomatica però prevedeva vita di gruppo. e parlando venne fuori che giocavo a pallavolo. e vuoi che in spiaggia non capiti una partitella? non ci sarebbe stato nessun problema se dalla parte opposta non fosse capitato un "collega", anche parecchio bravo devo ammettere. la rabbia e la frustrazione però di guardarlo spiccare salti senza poter far nulla di concreto era tanta, e questo stava per diventare la base di quella rabbia scaturita durante il confronto con gli altri, quando constati che certe cose non si possono più fare, benchè fossero una volta una parte integrante della tua figura. vabbè, per quell'estate però la bionda uscì con me. salvo poi accorgermi che l'autostima che deriva dall'essere scelti da una ragazza può annullarsi quando scendi dalla barca che ti porta in giro per le isolette del nord e ti accorgi che aggrapparti alla corda di sostegno quasi non basta e che il dondolare delle onde assume la forza di uno tsunami. oppure si annulla quando sei in giro per la Maddalena e fare lo slalom tra la gente non è più una cosa scontata. e sarebbe arrivato settembre.

mercoledì 29 gennaio 2014

colpi

le relazioni con le altre persone, si diceva. è ovvio che non vado in giro con la cartella clinica nel caso qualcuno volesse approfondire la mia condizione, ed è altrettanto ovvio che di tanto in tanto mi piacerebbe lasciarmi dietro una questione che occupa gran parte della mia vita e parlare di frivolezze quotidiane. a volte il calciomercato assume un effetto benefico inimmaginabile (senza esagerare però...). però è altrettanto ovvio che tutto quello che è diverso attira gli sguardi, la curiosità, e quindi qualcuno che ti interpella in merito lo trovi sempre. se una persona te lo chiede garbatamente, non c'è motivo per non rispondere o nascondersi. soprattutto se, dopo le insistenze di questa persona, dopo avergli descritto il lavoro di fisioterapia quasi quotidiana alla quale ti sottoponi, questa se ne esce con un "in bocca al lupo per il lavoro che fai", che sebbene appaia qui come un incoraggiamento semplice e scontato, assume nella realtà la forza e la bellezza del quinto canto della Divina Commedia (con tutta la cattiveria che circola, con tutto il veleno che la gente sputa, una parola buona è davvero il contropeso sulla bilancia dei sentimenti). poi c'è la gente che al mondo proprio non ci sa stare. quelle persone che ti si parano davanti e ti ridono in faccia uscendo con le frasi più impensate:

"Oh, che hai fatto, t'ha inculato un trans?"
"Oh, mezzo sderenato (dialetto marchigiano, parola che assume diversi significati a seconda del contesto), prendile più piccole la sera"
"Oh, me sembri un dinosauro" (questa non l'ho capita neanche io, ma quello che l'ha sparata non è proprio uno statista)

e non continuo oltre che meno ci penso meglio è. poi però ci sono quelli che si pongono nel mezzo, cioè quelli che non vorrebbero essere scortesi, ma ai quali non sei in grado di rispondere senza farti una mezza risata. quella più frequente è: "che hai fatto, hai "sbattuto"?". che saresti tu a voler domandare: "ma battuto cosa? dove? e come pensi che lo spigolo di un comodino possa farmi questo? o magari uno scontro di gioco? di guerra? una acrobazia sessuale? qual è il tuo immaginario?". oppure, come mi è successo un paio di sabati fa, incontri un tizio che più o meno di vista conosci ma col quale non hai avuto mai la minima interazione. questo, per il solo fatto di trovarti all'ingresso di un locale ti accenna ad un saluto, e io non avevo neanche capito bene se si stesse rivolgendo a me, tanto che mi sono voltato per vedere se c'era qualcuno dietro di me. poi visto che non c'era nessuno ho dato una mezza risposta. non contento ha continuato: "oh, è che è successo (tono enfatico), hai preso un colpo?". "beh, i colpi che vorrei dare io (inteso come "colpi alle signorine") non lasciano certi segni, ma sì, ho preso un colpo". poi ad ognuno la sua interpretazione.

martedì 21 gennaio 2014

un tentativo di rientro.

declino fisico, dicevo.

qualche mese prima, con i compagni di squadra, eravamo ad Ancona per vedere la partita di semifinale del campionato Italiano di pallavolo. per vedere la Lube. prima di entrare, un mio compagno incontra una sua conoscenza (in parte anche mia, ci avevo giocato contro diverse volte) e inizia a fare "campagna acquisti". il ragazzo è un alzatore e visto che il nostro ha deciso di tornare alla sua vecchia squadra ne abbiamo bisogno. in realtà si sta delineando già un qualcosa che da tempo stavamo tentando di mettere in pratica. la squadra dei nostri sogni, composta da personaggi un po' particolari conosciuti nel corso di anni di partite. ma che alla fine dei conti, oltre alla tendenza giocosa e alla combriccola semiseria, avrebbe portato pure una qualità tecnica invidiabile. e anche questa era una opportunità che non volevo lasciarmi sfuggire.

così mi presento agli allenamenti ad inizio stagione. ma la corsa è rallentata. il salto non è esplosivo. il muro è teorico. ma l'ostinazione supera tutto. la squadra si presenta ben presto per quello che è. una discreta armata che affonda chiunque si presenti davanti. e senza prendersi mai sul serio. un comparto di cabarettisti, davvero. alla fine ci accorgemmo che uno sparuto gruppo di tifosi avversari aveva iniziato a seguirci allo scopo di assistere alle cazzate di quei due-tre elementi da teatrino. e in sottofondo io. testardo, cocciuto. senza mai pensare a qualcosa di peggio, come se tutto dovesse finire da un momento all'altro, prima o poi. svegliandomi da un brutto sogno, da questa nera nebbia onirica. andando avanti, dopo i primi salti, se perdevo un po' di riscaldamento, retrocedevo in difesa, dove ancora potevo dire la mia. a fine anno, dopo aver vinto il campionato, scesi in campo per l'ultima volta. neanche nel mio consueto ruolo di centrale, per il quale ormai c'era solo da alzare bandiera bianca, ma come schiacciatore opposto, in modo da evitarmi scatti ai quali non riuscivo più a prestarmi.

la vita stava cambiando. lentamente. ma il cervello era bloccato, fossilizzato. incapace di rendersi conto di quello che stava succedendo. dissimulando. mentendo spudoratamente. e troppe bugie sarebbero state ancora dette. a cominciare dall'estate successiva. quando le corse all'aria aperta sarebbero state sempre più brevi. fino a diventare delle camminate. il dolore sulle piante dei piedi aumentava. a volte era lancinante. d'altra parte anche gli ultimi salti in palestra erano diversi. più di una volta ricadendo, sentii delle contrazioni sui tendini dei talloni, tanto da farmi pensare che non era più il caso di cercare il colpo fenomenale. avrei pensato dopo a come rimediare...

mercoledì 15 gennaio 2014

riflessioni su Stamina

lunedì ho seguito Presa Diretta, sapendo che avrebbe trattato del caso Stamina. il mio scopo era quello di farmi un'idea, visto che sulla metodica in questione ho sentito tutto e il contrario di tutto. ho visto in passato i servizi delle Iene, i presunti miglioramenti avvenuti sui bambini trattati, e la lucida freddezza, la serietà e la preparazione di alcuni dei genitori che hanno lottato per continuare le infusioni. ho visto e letto delle obiezioni portate dai comitati scientifici al metodo. ed ho visto per l'ennesima volta l'incapacità della politica di dibattere di questioni così serie. senza scendere nella retorica del "tutti a casa" che è uno slogan da prima elementare, ho visto prima i tentennamenti e le pezze di Balduzzi, il cui risultato è stato quello di creare più buchi, e poi l'assoluta incapacità della Lorenzin, messa lì per chissà quali meriti, che non è stata in grado di rispondere se non farfugliando ai malati nei presidi romani, per poi finire a ripetere a pappagallo nella trasmissione di lunedi quello che non un ministro, ma uno studente delle scuole superiori dovrebbe avere come principio.

Iacona ha osteggiato Vannoni e il suo metodo, e onestamente dopo aver ascoltato la Cattaneo e le obiezioni che la Senatrice ha portato supportata dalla sua esperienza nel settore, faccio fatica a schierarmi dalla parte di Stamina. anche se in cuor mio ho sperato davvero per un po' che il tutto fosse differente. penso che sia umano ogni tanto abbandonarsi ad una speranza, per quanto illusoria. purtroppo però la realtà è un'altra cosa e la ricerca è un miracolo in sè, ma che necessita di tanto tempo e di dedizione assoluta. e affinchè questo tempo non sia speso invano, nel frattempo molte persone lasceranno il pianeta senza beneficiare dei risultati. triste ma inevitabile.

da diverso tempo mi interesso dell'argomento. perchè so che sarebbe la soluzione ai miei problemi. ma sono ben cosciente del fatto che se anche vivessi fino a cent'anni non riuscirei comunque a vedere un qualcosa che anche a livello sperimentale possa aiutarmi. perchè il corpo umano è tutt'altro che senza misteri, e perchè su certe cose, benchè passi da gigante siano già stati fatti, il meglio deve ancora venire.

però l'occhio è vigile, e quindi si valutano tante possibilità. alcuni anni fa aveva fatto scalpore una clinica nel sud est asiatico che praticava infusioni di cellule staminali provenienti da cordone ombelicale. diversi Italiani si rivolsero a quel centro con risultati a dir poco altalenanti. alcuni miei amici mi spronarono a gettarmi all'avventura. quando dissi che certe ricerche sono ad un livello embrionale e che vi possono essere effetti collaterali come la formazione di tumori, mi risposero dicendomi che erano scuse e che non stavo facendo abbastanza per curarmi. era scattato anche in loro quel senso di necessità di patteggiare una cura che alcuni malati terminali fronteggiano in alcune fasi del loro percorso. ora so che c'è un'università scozzese che affronta anche lo studio di queste neoplasie post-infusione (studi diretti tra l'altro da Italiani), ma anche in questo caso siamo alla fase iniziale dello studio, all'osservazione del fenomeno.

la scienza ha un percorso ben preciso, e non c'è altra soluzione. certo, può accadere la scoperta casuale, ma non è questa la casistica da prendere in considerazione. e la scienza, deve essere fredda e razionale. e a volte deve trattare i pazienti come numeri. e smettiamola di dire che questo comportamento lede la dignità umana. i farmaci che abbiamo oggi a disposizione sono passati per lo stesso percorso, eppure non vedo moti di pentimento quando qualcuno ingoia una pillola. chi ci cura deve essere distaccato. meglio ancora, non ci deve neanche conoscere. perchè se lasciamo decidere a genitori ed amici è ovvio che quanto visto con Stamina si ripeterà all'infinito. chi vuole il nostro bene, farà di tutto pur di aggrapparsi ad una speranza, fosse questa anche un Santone con un mazzo di tarocchi. ed è per questo che disprezzo i politici che sono intervenuti sulla questione. non hanno avuto polso. hanno avuto paura di affrontare i malati e di rendersi impopolari. il peso del giudizio dell'opinione pubblica ha sovrastato le motivazioni della coscienza.

e inoltre, è ora di ricominciare a dare valore alla scienza ed alle persone di scienza. perchè mai come in questo periodo ce n'è bisogno. ora che su facebook la gente urla (vantandosi) della propria ignoranza, blaterando di scie chimiche, chip sottopelle, complotti globali, pseudoscienza, facendo ritornare in auge false documentazioni sul metodo DiBella, affermando che l'hiv non esiste e che i tumori si curano con la psicologia (tenendo sempre presente che la mente riesce effettivamente a somatizzare sul corpo, ma di sicuro Haber era un cialtrone), è necessario che gli studiosi e le persone di cultura riprendano il posto che compete loro. e sarà forse anche il caso, per noi persone normali, di usare il libro come mezzo per arricchirci umanamente e non come spessore per le gambe traballanti di un vecchio divano.

mercoledì 8 gennaio 2014

il rientro

come detto, la mia dimissione fu accompagnata da una cartella clinica priva di diagnosi. ogni esame risultò negativo. mi trovarono "solo" una infiammazione midollare la cui eziogenesi risultò ovviamente sconosciuta. ero abbastanza confuso. il fatto che risultasse "solo" questo particolare mi ridiede un ottimismo ebete. beata incoscienza.
per ovviare a questa infiammazione mi fu prescritto un ciclo di cinque flebo di cortisone. cinque fiaschi, direi, considerate le dimensioni. le attaccavano il mattino e poi goccia dopo goccia il liquido si insinuava nelle mie vene (un po' meno l'ultima, quando una infermiera mi bucherellò varie volte tentando di dissanguarmi prima di lasciare il testimone ad una collega. mi chiese scusa non so quante volte. non ce n'era neanche bisogno in realtà. io, che sono abbastanza fifone, non riuscirei ad infilzare un ago nella pelle altrui neanche allo scopo di far del male). cinque giorni di pazienza prima della puntura lombare.
il giorno in cui fui dimesso ricordo che un'infermiera scherzando mi disse che la mia fretta di rivedere il cielo era dovuta all'imminenza di una festa paesana in quel luglio. non ricordo se glielo dissi io o se lo sapesse da sola. il suo volto mi sembrava conosciuto, ma i ricordi si fanno confusi. magari era delle mie zone, o avevamo amici in comune. ne ebbi l'impressione ma non andai a fondo. ricordo un signore inglese nella sala d'aspetto che leggeva un libro su una delle tante Marie Stuarde del nord europa. la copertina di raso rosso invece la ricordo. rimangono alcuni particolari e scompaiono le vicende importanti.
"La puntura potrebbe dare del dolore al collo". fu questa l'ultima raccomandazione. dopo una ventina di chilometri, in superstrada, non riuscivo già più a trovare una posizione che mi evitasse il peso e il senso di oppressione che veniva dalla scatola cranica. passai i successivi due/tre giorni disteso sul divano tanto era il dolore cervicale.
Una delle prime cose che feci quando riacquistai un po' di vigore fu quella di farmi una corsa all'aria aperta, in quella strada dove tutto iniziò. incontrai anche il mio medico di famiglia, e sebbene i nostri sguardi si incontrarono solo per un attimo (lui era in auto), notai una espressione preoccupata. o forse è solo una mia convinzione. non ricordo quante corse mi concessi dopo. il declino fisico arrivò inarrestabile anche se per un anno arrancai ancora con prestazioni meschine nella mia squadra di pallavolo. e non c'era verso di ammettere a me stesso che nulla sarebbe stato come prima.

a distanza di anni posso assicurare a me stesso che se mi chiedessero di esprimere un desiderio, non sarebbe certo quello di avere soldi, o tante donne assetate di sesso (beh, insomma...parliamone). no, se potessi per un attimo regalarmi qualcosa, vorrei farmi una corsa per quella strada in un pomeriggio estivo. vorrei sudare di nuovo tanto, sentire l'aria entrare nei polmoni dilatati e respirare ancora il profumo dei campi, dell'erba, del grano appena battuto. e con la musica nelle orecchie, volgere lo sguardo verso le colline, le mie colline, così belle e così generose nel momento in cui nei primi istanti del tramonto lasciano filtrare i raggi del sole nelle scanalature e donano al mondo dei colori pastello abbacinanti. e riprovare quel senso di serenità che il silenzio di una via di campagna solitaria dona.

mi ritengo comunque fortunato a non aver mai dato per scontato il piacere di una corsa all'aria aperta. il benessere economico aiuta, sarebbe ipocrita affermare il contrario. ma se hai tutti i soldi di questo mondo e non ti concedi nessun piacere primario ho qualche dubbio che nel tuo io interiore possa esserci una qualsiasi forma di felicità.

giovedì 2 gennaio 2014

buh!


avevo scritto e riscritto un post un paio di volte alla fine dell'anno appena trascorso, ma rileggendolo notavo un discreto sapore di veleno, così ho deciso di rimandare a data da destinarsi, sperando che un po' d'aria nuova portasse il beneficio sperato.

"Boh, sarà il periodo, cazzo ne so, ma un veleno così poche volte l'ho provato"
"Sì, però...per come ricordo io sotto Natale non sei mai stato tanto gentile..."
"Sì, c'hai ragione. ma quest'anno sono peggiorato".

sarà stato un po' di stress di fine anno, sarà stata l'imminenza di quel periodo in cui tutti fanno finta di essere più buoni, ma ho fatto di tutto per evitarmi tante inutili smancerie. cioè, è esattamente un anno che non si sa che fine avete fatto ed ora io dovrei onorare la vostra presenza? manco pe'l cazzo.

il leggere dei bei viaggi altrui non ha migliorato la situazione. già a causa del freddo mi ritrovo il fisico anche più incartato e quindi attendo la primavera come una passera scopaiola in cerca del compagno. e allora continuo con gli allenamenti. però, per quanto uno non festeggi, quando tutti brindano è difficile prendere pesi e sudare come un cammello. un po' ho ceduto, la stanchezza s'è fatta sentire.

siccome fino a prova contraria ho un pene che influisce sulla mia vita ben oltre il cervello, ho ricominciato a tirare con gli allenamenti dopo aver rivisto una ragazza molto carina ed essermi detto: "Ma...hai visto mai succedesse? meglio essere in forma".

Insomma, il tempo per pensare ne ho avuto parecchio. e che conclusioni hanno fatto capolino nella mia mente? Nessuna! la soluzione è sempre quella: zitto e lavora, abbassa lo sguardo e pedala e soprattutto non guardare gli altri e non fare confronti.

mi auguro di essere discretamente pirla per questo nuovo anno. quando non c'è soluzione, forse allora questa è l'unica soluzione.