lunedì 24 febbraio 2014

e alla fine.

passata l'estate, il ciclo della vita continua, e così si ripresenta un'altra stagione pallavolistica. per un qualche motico che ora proprio non comprendo e non ricordo, mi ripresento anche io ai nastri di partenza.

già durante la parte finale dell'estate, le cose erano cambiate. le lunghe corse all'aperto si erano trasformate in camminate, anche piuttosto brevi, considerando che in un paio di occasioni sono tornato a casa con le piante dei piedi decisamente doloranti.

però, io c'ero lo stesso. ma perchè? proprio non riesco a capacitarmene ora. era una forma di non accettazione della realtà? una sorta di aggrapparsi alle ultime speranze, sperando che in qualche modo la costanza mi avrebbe alla fine premiato? non lo so. è passato troppo tempo e la mia mente è stata rivoltata come un calzino. non sono del tutto in grado di raccontare cosa mi passasse per la mente, se non grazie a qualche ricordo.

comunque non durò a lungo l'agonia. già ai primi giri di riscaldamento la situazione fu chiara. non ero più nemmeno in grado di completare un giro di palestra di corsa. così intervallavo. ma saltare era anche peggio. il pallone era lassù, in alto, irraggiungibile. non ero più io a guardarlo dall'alto in basso per poi riversargli addosso tutta la violenza del braccio. ora era lui che mi guardava dall'alto, in attesa di andarsene svogliatamente a terra dopo una mezza carezza. avevo come l'impressione di trascinare un sacco di pietre.

una sera, quando stavo tornando a casa con un mio compagno di squadra, ed anche uno dei miei migliori amici, tenevo la testa bassa. stavo prendendo fiato, nel tentativo di pronunciare quelle parole che sapevo avrebbero chiuso una intera esistenza e mi avrebbe spintonato nella sala di aspetto di una vita indesiderata, inaspettata, che nessuno aveva reclamato. ma l'agonia dell'attesa era un qualcosa di altrettanto disgustoso, asfissiante. gli dissi così che quello sarebbe stato il mio ultimo allenamento, perchè non aveva senso prendersi in giro così. lui provò a dire di ripensarci, che forse m'avrebbe fatto bene quell'attività fisica. però io avevo già la proiezione di me stesso lontano da quello che erano loro: ragazzi con una prestanza fisica che ormai mi era preclusa. si era già impossessato di me quel senso di alienazione che con prepotenza ora mi possiede e mi domina.

non ricordo che giorno fosse. so che non ebbi il coraggio di guardarmi una partita di pallavolo in tv per anni, e non entrai più in una palestra per vedere i miei amici giocare per un tempo altrettanto lungo. e quando trovai il coraggio, entrando, iniziai a guardarmi intorno come un ladro, come se quelle mura che mi avevano dato tanta gioia ora mi sopportassero a malapena. i miei compagni di squadra continuarono a tesserarmi per diversi anni. nonostante tutto. chissà, forse anche loro speravano in un miracolo, in un finale differente, nella possibilità di rivedermi in pantaloncini a picchiare come un ossesso. questo gesto è stato, ad oggi, una delle cose più belle che la vita mi ha riservato, la dimostrazione di aver lasciato un bel segno. ora le strade si sono divise. alcuni hanno messo su famiglia, altri hanno cambiato zona e vita. forse sarebbe stato inevitabile, però quanto la gente dia per scontata la libertà di scelta, come tutte le cose, diventa evidente solo quando non puoi più scegliere. c'est la vie. (e sticazzi).

martedì 11 febbraio 2014

e ora...

facciamo un piccolo salto in avanti nel tempo. ad oggi, in particolare. anche perchè mi rendo conto che leggere la mia vicenda, passo dopo passo, possa quantomeno far presagire un finale più che infausto. intanto scrivo, quindi sono vivo. e no, non c'è nessun finale infausto, nonostante non ce ne sia nemmeno uno lieto.

però, come sto?

al di là del lato fisico che è sul piatto destro della bilancia, c'è quello mentale, che sta all'altro lato, e tante volte è stato così pesante da sfondare il ripiano sul quale si fiondava quando il peso di tutto ciò era diventato insostenibile.

ora però è diverso. ora, potrei quasi azzardarmi ad affermare che le cose non vanno affatto male. ora riprendo fiato e mi lascio le palle dopo una doverosa strizzata scaramatica.

però io so quanto profondo divenne il baratro nel quale ero piombato. quanto erano spesse quelle pareti che soffocavano ogni suono, ogni richiesta di aiuto che cercavo di spingere all'esterno. ed ora questo baratro lo gardo dall'alto. vedo questo buco nero e lo vedo da lontano, e oh, questa, è una cosa fantastica.

però, questo percorso non è stato un semplice risalire dal fondo. è stato più un costruire un altro passaggio e poi risalire per questo cunicolo scosceso, cercando appigli che di volta in volta dovevo costruirmi. e quando arrivi in cima, la fatica che hai fatto per affrontare questo percorso ti è entrata nelle ossa. sei stato permeato da un peso nuovo, e alla fine sei anche diverso.

riesco di nuovo a stare con gli altri e a sparare cazzate, ma non sono più quello che fa il primo passo verso gli altri. il mio animo da "buono e coglione" è sempre lì, dipinto sul volto, ma tollero solo una ristretta parte di umanità, e la mia diplomazia se ne è andata. mi infervoro con poco, e devo spesso evitare situazioni che potrebbero portare ad un conflitto. non ho più la minima pazienza. ho avuto una illuminazione di me stesso guardando "La grande bellezza" quando il protagonista afferma che "a 65 anni non si ha più voglia di perdere tempo in cose che non si ha voglia di fare" (o qualcosa del genere), e io mi sono reso conto che non ne ho più voglia a 36 anni.

insomma, passi parecchio tempo a cercare di far collimare le tue esigenze con le esistenze altrui, perchè qualcuno/a ti ha detto che se ci provi tutto andrà bene e gli altri ti accoglieranno a braccia aperte. poi ti rendi conto che è una cazzata di dimensioni immense, che la gente quando sente puzza di un qualsiasi problema (con le dovute eccezioni) fugge. e così ti rendi conto che la tua vita è diversa. punto. che hai altre esigenze, che puoi provare a farle entrare nella testaccia altrui, ma che se questi non vogliono adattarsi, è inutile insistere più di tanto. perchè non puoi forzare la gente a fare cose che non vuole. e allora? allora hai sempre la sensazione di non potertela giocare alla pari. ma non perchè tu sia effettivamente inferiore, ma solo perchè coloro i quali conducono una vita "normale" sono la maggioranza e il confronto è schiacciante. però ad un certo punto cerchi anche di allontanare quel senso di colpa che ti opprime (sì, senso di colpa, è una cosa comune fidatevi), perchè in realtà colpe non ne hai. e se riappropiarti della tua esistenza significa anche allontanarsi dagli altri, acquisire una indipendenza che non preveda la presenza di altre persone, lo fai e basta. 

insomma, lo stress di certe situazioni a volte è schiacciante, occupa tutto il tuo spazio vitale e non ne lascia libero che qualche anfratto, che tu regali a quelle persone così sensibili da capire certe situazioni.

ed ho il sospetto che sia tutto ancora molto "work in progress".

martedì 4 febbraio 2014

sole,mare e...

al termine del campionato che ci vide brillantemente in testa alla classifica, continuammo gli allenamenti che come tutti gli anni in quel periodo, perdevano ovviamente di intensità e di mordente. nel frattempo stavamo progettando una estate in Sardegna. la squadra si spostava fuori dal continente. dopo quella bella stagione, questo viaggio era quanto di meglio si potesse chiedere. sole, mare, amici, lo spirito del gruppo trasportato anche verso il dolce far nulla.

non racconto qui alcuni degli episodi capitati in quell'occasione, anche se uno, per attinenza all'argomento principale di questo blog, merita attenzione. io ero ancora nella fase di non accettazione (o qualcosa di simile). seppur non al 100% portavo avanti la mia vacanza come nulla fosse. ma quand'è che il "come se nulla fosse" diventa "qualcosa è?". ovviamente quando c'è di mezzo la gnocca. in questo frangente due ragazze napoletane conosciute in spiaggia. io e un mio amico ci fiondammo nell'approccio. battutine, serate in riva al mare in quel di Palau, per poi separarci nei momenti topici. a te la mora, a me la bionda e tutta gioia. poi però di giorno c'era da portare avanti l'azione diplomatica, affinchè la sera si ricevessero i benefici del caso senza troppi preliminari. l'azione diplomatica però prevedeva vita di gruppo. e parlando venne fuori che giocavo a pallavolo. e vuoi che in spiaggia non capiti una partitella? non ci sarebbe stato nessun problema se dalla parte opposta non fosse capitato un "collega", anche parecchio bravo devo ammettere. la rabbia e la frustrazione però di guardarlo spiccare salti senza poter far nulla di concreto era tanta, e questo stava per diventare la base di quella rabbia scaturita durante il confronto con gli altri, quando constati che certe cose non si possono più fare, benchè fossero una volta una parte integrante della tua figura. vabbè, per quell'estate però la bionda uscì con me. salvo poi accorgermi che l'autostima che deriva dall'essere scelti da una ragazza può annullarsi quando scendi dalla barca che ti porta in giro per le isolette del nord e ti accorgi che aggrapparti alla corda di sostegno quasi non basta e che il dondolare delle onde assume la forza di uno tsunami. oppure si annulla quando sei in giro per la Maddalena e fare lo slalom tra la gente non è più una cosa scontata. e sarebbe arrivato settembre.