lunedì 25 novembre 2013

prime emozioni

il reparto neurologia di un ospedale non è proprio quello che un pittore di paesaggi sceglierebbe come soggetto. anche se a dirla tutta, ha in effetti un che di impressionista, con le ombre che diventano colori e trasformano la figura umana in un qualcosa di molto diverso da quella che sarebbe rappresentata in quadro verista. a volte l'essere umano si trasfigura e i confini rappresentati dalla sua carne si fanno troppo stretti e non riescono più a contenere quel nuovo universo.

ancora spaesato iniziavo a guardarmi intorno. uno dei compagni di stanza che ebbi nel corso di quelle due settimane, aveva con sè un televisore, segno questo che doveva essere abbastanza esperto dell'ambiente. non ci scambiammo mai una sola parola. e io i primi giorni non ero proprio quello che potrebbe definirsi un socievole conversatore. sentii in seguito i medici riuniti tra loro affermare: "Ha il midollo ridotto ad un filino sottile...", e i ragazzi della clinica universitaria, non ancora abituati a quelle consuetudini mediche, si guardarono con occhi smarriti mormorando piccole frasi compassionevoli. e io che ancora stupidamente tra me pensavo che le malattie erano cose che accadevano solo agli altri.

in un'altra stanza ebbi come vicino, tra gli altri, un marinaio abbastanza anziano con un tatuaggio su un braccio simboleggiante lo stemma degli anarchici, di una fattura evidentemente datata, di un tempo in cui tatuarsi non era certo la moda che è oggi. aveva con sè un pc portatile col quale si guardava dei film che la sua bellissima e giovane compagna e sua figlia gli portavano giorno dopo giorno. i lunghi capelli biondi della donna che scendevano fino ai vestiti floreali - un misto tra una figlia dei fiori con tonalità zingaresche ed una ambulante con le caviglie sottili non ancora provate da ore di posizione eretta - portavano un punto di rottura in quell'ambiente così triste e dimesso. fu con lui che provai ad esprimere i primi concetti, ad aprire bocca, per espellere un po' di quelle paure e di quel disagio che mi portavo dentro. ma non fui nè convincente nè accomodante, perchè dopo aver farfugliato qualcosa sul fatto che alla mia età non avrei dovuto essere lì, e soprattutto così inaspettatamente, lui chiuse il tutto con un drastico "Anche io sono stato bene fino ad adesso ed ora eccomi qui", a sottolineare l'ovvietà delle mie esternazioni. e non posso dire avesse torto. di sicuro gli devo essere risultato un grosso coglione. tant'è che fece amicizia con un altro signore ricoverato per una ischemia transitoria e la sua famiglia, e il giorno in cui fui dimesso, quando lo andai a cercare per salutarlo, scoprii che se ne era già andato, di sicuro desideroso di non vedermi più. 

mi ricordo che il primo giorno, anche la signora che passava col pranzo ebbe qualcosa da ridire sul mio atteggiamento. probabilmente le dissi qualcosa di poco gentile, ma davvero non ricordo cosa. e come avrò modo di dire, non è stata l'unica occasione in cui non ricordo qualcosa di quel soggiorno forzato. probabilmente certe forti emozioni a volte sono talmente invadenti da farci espellere quei pensieri che in certi momenti sono di troppo. però, siccome un maschio è un essere semplice (a volte oserei dire semplice come un'entità unicellulare) un segno di rinascita e di forza ci fu nel momento in cui mi resi conto che il materiale umano delle infermiere era costituito da due o tre bionde procaci, che a dispetto dell'aria condizionata tenuta ad un livello tale da simulare l'inverno siberiano (eravamo a luglio) giravano con il camice sbottonato lasciando visibili le notevoli grazie (Dio le abbia sempre in gloria).

io ero spaesato. anche un po' spaventato. ma penso si possa leggere da questo e dai post precedenti che ero anche profondamente immaturo. ero uno dei tanti che aveva ricevuto un'educazione per cui "i problemi capitano agli altri e se succede qualcosa, si nasconde, basta che tu vada in giro col sorriso ebete a dimostrare che tutto va bene". i problemi capitano, ed è necessario essere forti abbastanza per affrontarli senza piagnistei, perchè nel momento in cui noi soffriamo, molto probabilmente anche altri stanno passando pene simili alle nostre e queste persone non possono evidentemente farsi carico di noi. ma allo stesso tempo, dissimulare è stupido. far finta di non avere un disagio è ridicolo. in una situazione di difficoltà, mostrare un dignitoso disagio non è motivo di vergogna nè di umiliazione. ma di strada ne avevo ancora tanta da fare.

2 commenti:

  1. Eppure, sai, penso che a certi eventi sia sia impreparati.
    Sempre, comunque.

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  2. ah, e io non facevo eccezione alcuna

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